Il Toscanario

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di Giancarlo Carmignani

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pigio, s.m.tosc.: “bastone per pigiare l’uva nelle bigonce” (De Mauro)

pigionale, s. per lo più m.: inquilino, ma come voce tosc. anche chi riceveva “in affitto un terreno” (DISC). A Fuc. quella dei pigionali era una categoria diffusa specialmente fin verso il termine dell’Ottocento. Tuttavia l’uso di questa voce è sempre pù limitato (M.P.Bini), essendo ormai veramente pochi da noi i contadini “con un podere in affitto”, secondo la definizione del De Mauro

piglià’, v.tr.: pigliare; si pensi all’espress. “Piglià’ un granchio”, cui si può sottintendere “invece di un pesce pregiato” nel gergo di pescatori, che perciò restavano delusi, ma la stessa in senso metaforico stava a indicare originariamente “provare una grossa delusione”, passando poi a significare “prendere un grosso abbaglio” (G.Pittàno). Quanto alla frase: “È da piglià’ cor (col) cucchiaino”,  a Fuc. può significare che una certa persona è da trattare con molta delicatezza o, come si dice, “con le pinze”, mentre un’espress. simile veniva usata anche a Firenze verso il 1863 in rifer. a una persona stanchissima, “proprio fatta”, quasi fosse “ridotta in pezzi” (P. Fanfani), ma questo signific. esiste anche da noi

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pidocchioso, agg. e s.m.: tirchio, attaccato eccessivamente al denaro, così come i pidocchi   attaccano le loro uova ovvero lendini ai capelli dell’uomo. Non è infatti un caso che venga chiamata pidocchio “rifatto”o“rivestito” una “persona che si è arricchita rapidamente e che ostenta sgradevolmente la propria agiatezza” (DISC) e che esista il proberbio, appunto in rifer. a un “neoricco”, come viene chiamata talora dalle nostre parti una persona del genere, “non c’è più superbo di un pidocchio rivestito” (M.Catastini)

pidoccièra, s.f.: “cappotto vecchio e sporco” (M.Catastini). Ritengo strano il dileguo della –h– essendo chiara l’origine da “pidocchio” del vocabolo, ma si tratta di un t. ormai senza dubbio scomparso

pièga, s.f.: importanza, arie, come nella frase: “Si dà una piega!” con un gesto eloquente: si dà delle arie! oppure “ ’Un gli dà’ troppa pièga!”: non gli dare troppa importanza!

 

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piccinàccolo, agg.: piccolo di statura; neologismo usato nell’ambito del linguaggio fam., più espressivo (con quel raddoppiamento della –c- dopo l’accento) di “piccinàcolo”, attest. in letteratura dal ‘300 al ‘500, a cui accenna il DEI.

piccino, s.m. in questo caso: piccolo anche sul piano dell’importanza sociale come nella specie di  filastrocca veritiera:

“Ino ino,

ne tocca sempre

il più piccino”:

chi ha minore importanza nella scala dei valori sociale ed economica soccombe sempre di fronte al più potente, al più forte, al più ricco, che non è detto che sia affatto il più onesto

pidocchina (la), s.f.: “luogo all’aperto riscaldato dal sole” anche in certe giornate invernali. Si tratta peraltro di un t.  di cui pare del tutto cessato l’uso, sostituito dall’espress. d’origine pis.“a biscondola”(ved.“biscondola”). Pure questa infatti, così come l’espress. usata anche in Valdinievole “Stare alla pidocchina” (R.Cantagalli) implica l’esistenza  di un luogo riparato dal vento. Non è comunque escluso che il nome partic. di “pidocchina” derivi eventualm. dal fatto che in un luogo siffatto fosse abitudine di alcune donne spidocchiare i loro figli quando le condizioni economiche e sociali delle persone erano molto più precarie che nei nostri tempi

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picchiante, s.m.: “polmone di bestia macellata; in origine probabilm. il cuore” (anche in pis. e lucch.), come si può dedurre dal v. “picchiare” col signific. di “battere” (DEI). Non si parla infatti di battito del cuore?

picchio, s.m.: colpo, anche in pis. Da noi esiste ancora l’espress. “Cascà’ a picchio morto”: cadere a picco, cioè “a perpendicolo” (De Mauro)

picchio, s.m.: t. “generico per indicare i Picidi” (C.Romanelli), così come “picchio rosso maggiore” (“Dendrocopos maior”), il picchio verde (“Picus viridis”) e il picchio muratore (“Sitta europaea”). Sia il picchio verde sia quello rosso sono visibili anche nelle nostre preziose Cerbaie, un tempo fornte di legname anche per l’attività ceramica (fino al ‘700 molto attiva a Fuc.), mentre ora dovrebbero essere mèta del turismo ambientale

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piazza, s.f. Filastrocca un tempo abbastanza viva a Fuc. con valore mnemonico:

A Roma c’è una piazza;

in questa bellissima piazza

c’è un bellissimo palazzo;

in questo bellissimo palazzo

c’è una bellissima sala;

in questa bellissima sala

c’è una bellissima tavola;

su questa bellissima tavola

c’è una bellissima gabbia;

in questa bellissima gabbia

c’è un bellissimo canarino:

                               canarino, gabbia, tavola, sala, palazzo, piazza, Roma”

(D.Taviani, mia madre), con l’inversione dei nomi elencati

piccassi, v.rifl.: piccarsi nel senso di ostinarsi a ritenere una certa cosa talora sdegnando chi fa una valutazione o considerazione diversa

picche, s.f. pl.: dispetti, ripicche, che peraltro propriam. ne sono un sin. (DISC). Comunque “Far le picche” significava “rifiutarsi con ostinazione” (M.Catastini) di fare qualcosa, ma oggi diciamo più: “Fa questo per ripicca”, cioè “per dispetto” (De Mauro)

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piantà’, v.tr.: piantare. Modo di dire: “Piantà’ baracca e burattini”: piantare moglie e figli in un certo contesto (L.Briganti) oppure, più in generale, togliere di mezzo

piantella, s.f.: mezza suola, al pl. mezze suole, ma a Fuc. c’è chi dice “sòla” e questo fa venire a mente l’origine dal lat. “sola”, pl. di “solum” = “suolo” e “suola”, con probab. “sovrapposizione semantica” di “solea” = “suola” (DISC). Comunque il t. “piantella” risulta ormai in disuso

piàttola, s.f. deriva dal lat. ipot. “blattula”, dimin. di “blatta”, colleg. con l’ipot. “plattus” = “piatto”, per l’aspetto. Si tratta di una voce tosc. (DEI) corrispond. allo scarafaggio (“Periplanetes orientalis”), insetto tutt’altro che gradito, come sappiamo, tant’è vero che viene detto anche di una persona “meschina e repellente” (DISC)

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piacciantèo, agg., ma piò diventare talora anche s.m.: individuo impacciato e lento, anzi dai movimenti così lenti da suscitare un vivo senso di fastidio e talora di risentimento in chi eventualmente l’aspetta avendo molta fretta; nota il DEI che si trova anche nel ‘700 nel Salvini e nel Fagiuoli. È indubbiamente una voce espress. perché rende bene l’idea che appunto si vuole esprimere. Potrebbe essere colleg. col livorn. “biasciantèo” dal signific. simile, si deduce da V.Marchi

pianale, s.m.: carro “senza sponda” (L.Briganti)

piange’, v.intr. e tr.: piangere. Nelle scuole elementari a Fuc. si poteva sentir dire, quando un bambino piangeva: “Fallo piange’ ‘r bimbo: gli s’allarga i pormoni!”: fallo piangere il bambino: gli si allargano i polmoni, ma ciò non aveva una validità adeguata sul piano scientifico (M.Cecconi)

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pèttina, s.f.: pèttine. Si tratta di una parola che ancora sembra che non sia proprio morta nella località di Fucecchio detta Ponzano

pezzo, s.m.: usato anche in una offesa triviale come “Pezzo di merda!” e in un’altra che non è tale come “Pezzo di catapèzzo!”, dal signific. non chiaro, se non quello di “briccone” e non detto certo col sorriso sulle labbra, ma ormai in disuso

pezzòla, s.f.: fazzoletto e non è affatto detto che in tosc. indichi un “grande fazzoletto”, come sostiene il De Mauro. Questi lo considera in questo senso una voce tosc., var. di “pezzuola”, ed entrambi sono da collegare col lat. mediev. “peciòla” (a. 914: DEI) dov’è presente il dimin. “-ola”: infatti, come troviamo nel DELI, pezzola indica anche “un piccolo pezzo di tessuto”

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petita, s.f.: “pellicina alla base delle unghie” (M. Catastini), ma si tratta di un t. (che potrebbe forse derivare dal fr. “petit” = “piccolo”) andato perduto

pétta, s.f.: risvolto (della giacchetta), ma tale voce non sembra più usata almeno da noi

pettata, s.f. tosc. (DEI): “strada ripida che un cavallo, imbrigliato col petto a un carro, percorre con grande fatica” (DISC), definizione che spiega l’origine di questo t., usato da noi in part. nell’esclam.: “Che bella pettata!”: che salita ripida!, signific. che ha anche in più parti della Maremma, secondo la testimonianza di M.P. Bini. È però convincente anche la spiegazione data da P. Fanfani sull’origine del termine “pettata”: “dall’affanno del petto, che si patisce a salirla”

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peso, come agg.: pesante, anche a Firenze e in pis. (Malagoli); più in generale tosc. (De Mauro), come afferma anche il DISC, che lo considera una forma “contratta del part. pass. di “pesare” già attest. nel Quattrocento

pesticcià’ con la var. pestià’, v.tr.: pesticciare, cioè pestare “più volte coi piedi”, voce locale, ma anche livorn. e fiorent., oltre che pis. (Malagoli)

péta, s.f.: péto (ovvero scoreggia) dal lat. “pedere” =  “spetezzare”, che si trova nel Sacchetti e da tale v. lat. è derivato ancora in lat. “peditum” (DEI) e quindi la forma contratta italiana.

Addirittura pare che sia d’origine indeur. il v. lat. “pedere” = “tirar peti”, da cui deriva il t. lat. visto sopra (DELI)

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