Il Toscanario

Il Toscanario, ovvero “Parole usate in zone toscane“, è una raccolta di parole e modi di dire che il suo autore, prof. Giancarlo Carmignani ci ha concesso di pubblicare. Come suggerisce il sottotitolo non ha la pretesa di essere una raccolta esaustiva e completa dei modi espressivi toscani, ma una raccolta di espressioni usate nella Toscana più settentrionale, prevalentemente, ma non solo, nel bacino del medio e basso Valdarno. 

Perché Toscanario
La parola toscanario non esiste nel dizionario della lingua italiana e neppure, per quanto ci risulti, è un termine usato nel linguaggio regionale toscano, in nessuna parte della Toscana. Il titolo di questa rubrica, che sarà pubblicata a partire da oggi sulle pagine di questo sito web con cadenza settimanale, fino ad esaurimento dell’opera del professor Giancarlo Carmignani,  intende stuzzicare la curiosità verso un modo di parlare toscano popolare, paesano, anche contadinesco, certe volte un pò becero e, soprattutto, pratico. Avete capito che si tratta di un neologismo e, se avrà fortuna, al massimo sarà un nuovo termine che si aggiungerà al nostro parlare toscano che, nonostante tutto, è il più vicino alla lingua italiana tra tutte le parlate regionali della nostra Penisola.

Chi è Giancarlo Carmignani
Insegnante di materie letterarie, ora in pensione. Già collaboratore esterno del professore di storia della lingua italiana dell’Università di Firenze Massimo Fanfani, ha pubblicato due libri di carattere storico-giuridico e linguistico per conto del comune di Fucecchio. Ha scritto circa 13.000 poesie, solo in minima parte pubblicate, nonostante diversi riconoscimenti favorevoli anche in concorsi nazionali più nel campo della poesia che in quello della prosa.

INTRODUZIONE, a cura dell’autore

ABBREVIAZIONI EVENTUALI

ABBREVIAZIONI

 

 

A

 

A, prep. sempl.: da, per es., nella frase “Ha un sorrisino a stupido”: ha un sorrisino da stupido, come in pis., in cui è attestato da  Malagoli

abbaione, s. m.: “schiamazzo di scherno”: Malagoli e perciò anche in pis.

abbanfato, agg.: bruciato, in fucecch. “arrivato”, in riferimento a un “pezzo di carne troppo cotta”, che ha subìto la “banfata”, una vampata  di fuoco e quindi di calore

abbassà’, v, tr.: abbassare. Modo di dire: “Abbassa la cresta!”: non fare il superbo, sii più modesto, come nel vernacolo fiorentino “Abbassa i’ galletto”,  riportato dal Raddi, ma in quest’ultimo caso in riferimento  a un figlio, detto dai genitori

abbarroccià’, v.tr.: abbarrocciare, (molto vicino come significato ad “abborracciare”), cioè eseguire malamente un lavoro, molto probabilmente risentendo del significato sfavorevole della parola “ barrocciaio” come persona “ dai modi volgari” (DISC)

abboccato, agg.: individuo che si accontenta facilmente e non solo “che mangia volentieri e di tutto, di bocca buona” com’è scritto nel DISC, dove è riportato tale termine in riferimento al vino “che tende al dolce” quale sinonimo di “amabile”, come nella frase da noi presente almeno fino a poco tempo fa: “Questo vino ha un po’ (o “un che”) d’abboccato”. E’ chiaro che in questo caso “abboccato” non è più un aggettivo, bensì un sostantivo e questo è ancora più evidente nell’espressione “Aver l’abboccato”, usata “quando il dolce si sente a fatica” secondo P. Fanfani, ancora in riferimento al vino e ciò “per un contenuto residuo di zuccheri naturali”, secondo chi è esperto di enologia (N. Giannini)

Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il 10 febbraio

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