di Giancarlo Carmignani
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pellaio, s.m. Modo di dire: “Trattà’ come un pellaio”: trattare male, probabilm. a causa dell’attività dura e non certo raffinata di chi lavora la pelle. Dalle nostre parti è detto spesso al pl., risentendo dello spirito campanilistico di una volta (che portava anche a lotte cruente, purtroppo, specialmente durante il Medioevo) in rifer. ai santacrocesi, ma risale all’Ottocento, ma a S.Croce sull’Arno, quell’attività conciaria che ha fatto diventare il Comune più vicino al nostro uno dei maggiori centri di produzione di cuoio e di pelli al mondo
pellegrino, s.m.: falco pellegrino (“Falco peregrinus”), detto così perché “forse questo falco compie ampi spostamenti in cerca del cibo” (C.Romanelli)
pelliccia, s.f.: “zolla di terra erbosa, piota” (DEI). È una voce pis. e lucch. usata anche dalle nostre parti, dove ho sentito usare pelliccia anche nel senso di parte pelosa compatta del corpo della donna, ma in tono scherzoso. Invece un tempo, al posto di pelliccia nel senso di fetta di “terra con erba”, veniva usato il t. “piallaccio” (cui accenna M.P.Bini) anche a Fucecch., dove esso mi risulta scomparso
pelliccióne, s.m.: paura, ma se viene detto: “se ‘un la fa’ finita, ti dò (in pis. direbbero invece “dó”) un pelliccione”, significa una bòtta
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