Testimonianza per il 25 Aprile

di Rino Salvestrini

(Breve premessa – n.d.r. – In onore di questo giorno dal grande senso civile, trascriviamo il contenuto di un prezioso documento che Rino Salvestrini ci ha inviato per ricordare, ancora oggi, cosa vuol dire guerra, ma anche le grandi ferite subite  dal nostro centro storico e dai “popolani di quel tempo” per opera di mano vile e assassina in ritirata. Da quel che è descritto di seguito si capisce che dopo quelle azioni distruttive e terrificanti Montaione cambiò il suo volto per sempre)

Riporto le distruzioni nel paese di Montaione con una lettera di Gino Degl’Innocenti per non dimenticare e capire cosa sta passando la gente dove ancora oggi si fa guerra.

Gino Degl’Innocenti, era chiamato “Gino della Tonia”, quando l’ho conosciuto io abitava in via dei Macelli o 18 Luglio, era impiegato in Comune all’Ufficio Protocollo ed era segretario del Comitato Estate Montaionese. Rifiutò l’ora legale e diceva che andava al lavoro un’ora prima o un’ora dopo, ma non mosse mai le lancette dell’orologio. Si interessò molto di storia ed era il collettore di Montaione per la Società Storica della Valdelsa. Era un dipendente comunale che non prese mai un giorno di ferie e sebbene con una gamba dolorante andava ugualmente a lavorare, la teneva su una sedia. Non si sposò. Era un bonapartista e chiamava le persone “cittadino”. Questa lettera è del 10 marzo 1946, riporto la prima parte che riguarda i danni subiti da Montaione nell’ultima guerra e tralascio la seconda parte perché personale.

L’anno 1944 nel mese di Luglio passò anche da questo paese, come del resto passò dalla quasi totalità dei paesi e delle città d’Italia, la guerra infame e devastatrice, voluta dal nazi-fascismo; e qui per fascismo intendo dire capitalismo borghese, dissanguatore del popolo italiano lavoratore. Dunque in questo piccolo paese di costruzioni feudali, appollaiato in cima ad una, delle tante colline della Toscana, pur non avendo alcuna industria bellica, né linee di difesa, si accanì in modo particolare e violento, la rabbiosa furia di un esercito ormai già agonizzante e prossimo alla fine. Le orde naziste in ritirata, incominciarono a distruggere sistematicamente tutto ciò che dal popolo era stato faticosamente costruito.
Principiarono col distruggere e minare i ponti e strade; che in realtà le vie di accesso a questo paese sono tutte di secondaria importanza. Le piante che vegetavano, già da decenni, rigogliose e fiorenti nei viali circonvicini, vennero tagliate e gettate nel mezzo delle strade per sbarrare il passo alle armate vittoriose (lo dicevano i nazi-fascisti), ma in realtà coi mezzi a disposizione degli alleati questa trovata era una pura buffonata, ma dimostrava in modo intangibile, il vero istinto violento, brutale, sanguinario e distruttore che animava in ogni fibra la quasi totalità dei componenti dell’esercito germanico. Questa è una introduzione di quanto dirò qui appresso: nonostante i rilevanti danni riportati dalle vie di comunicazione, da me sopra descritti, ancor di più fu compiuto in quanto riguardava le abitazioni. Infatti tutte le case che si trovavano sul Viale V. da Filicaia eccettuato due, vennero completamente distrutte e rase al suolo dal tritolo tedesco, uguale sorte toccò a quelle costruite sulla Piazza Cavour, e a ritroso del muro castellano accanto alla Porta Fiorentina, di costruzioni medioevali. Nel viale dei Fossi e piazza Branchi, si ergeva un grande caseggiato che ospitava un numero abbastanza notevole di famiglie, venne fatto saltare in aria unitamente al vicino teatro Scipione Ammirato, le fognature sia dei fossi, come quelle delle principali vie interne del paese, vennero anch’esse minate e distrutte dalla gelatina nazista.

I fabbricati che si trovavano sulla Piazza Garibaldi, ed a fianco del Muro Castellano e della Porta Pisana, anch’essa di costruzioni medioevali, non ebbero maggiore fortuna delle altre e caddero in un ammasso gigantesco di enormi rovine. Via del Giglio, Via Ammirato, Via Chiarenti, Via Cresci, ed altri vicoli ebbero in grandissima parte, case semidistrutte dall’intensissimo fuoco delle artiglierie, o dagli incendi appiccatevi dai famigerati alemanni. I popolani, non appena i colpi delle artiglierie si furono alquanto allontanati, incominciarono a vagare senza sosta con i visi angosciati dal dolore, sulle macerie delle loro case distrutte, oppure nell’Antri anneriti di quelle incendiate, frugando qua e là, fra tante macerie e tante rovine, in cerca di qualche cosa utile da potere utilizzare momentaneamente, per gli immediati ed urgenti bisogni a loro necessari. Povera gente, quanta fatica nel rimuovere quelle grandi rovine, spesse volte coronate da grandi insuccessi ed illusioni ancor più forti. L’anno sopraindicato, passò per i senza tetto, in condizioni di vita addirittura catastrofiche; il seguente, cioè, il 1945, non accennò nemmeno lontanamente a tendere ad un certo miglioramento. Il 1946 arrivò con raffiche di freddo e violente piogge caddero con frequenza, sconquassando ancor di più le malferme ed inabitabili abitazioni provvisorie dei senza tetto……..

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