di Giancarlo Carmignani
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carrino, s.m., dim. di carro, dal momento che a Massarella era chiamato così un “veicolo (…) trainato” da un solo bue, che è la riduzione toscana dell’ipotetico “buove”, mentre “bove” è una parola dotta derivata derivando direttamente dal lat. “bove(m)” (DISC)
carriola, s.f.: carrucola, come nei dialetti pisano e grossetano (DEI), soprattutto per contrazione di questa, oltre che per la vicinanza delle parole “carro” e “carretta”, in lat. “carruca” (DEI) e si pensi alla funzione dim. del suff. “-ola”
carrozza, s.f.: usato con un significato particolare nell’espressione “Andare in carrozza”: “vivere agiatamente” (DISC), un po’ come nel caso del proverbio “La superbia andò in carrozza” (var. “a cavallo”) “e tornò a piedi”: chi è superbo prima o poi viene smontato dalle sue albagìe e ridimensionato)
carrùola, s.f.: clavìcola, termine storpiato a Fucecchio nel passato forse non solo da una contadina: corruzione spiegabile per la maggiore facilità dell’uso del nome di un attrezzo un tempo molto usato anche in campagna come il carro, rispetto a quello dell’osso dal punto di vista etimologico a forma di “piccola chiave” (lat. “clavicula”: DEI)
Presentazione del 4/2/2015, https://www.montaione.net/il-toscanario/
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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il 13 dicembre 2016