Il Toscanario

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di Giancarlo Carmignani

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gallerone, s.m.: uccello simile al gall(o) e al (capp)one, voci dall’incrocio dalle quali deriva gallerone con l’ampliamento –er-

gallinaccio, s.m.: gallina che canta “a galletto” (essendo d’“incerto sesso”: DEI), cosa che a Fucecchio era ritenuto che portasse “male”, una “disgrazia in famiglia”, come pare che ci sia  ancora chi crede che porti male il canto, ovviamente notturno, della civetta presso la casa: è evidente che si tratta di stupide superstizioni, prive di qualsiasi validità scientifica e perciò respinte da chi ragiona veramente. Quanto al termine gallinaccio, secondo M.P. Bini, in “quasi tutti i dizionari di lingua italiana” si troverebbe, ma nel senso di “tacchino”. Né il gallinaccio è da confondere col cappone, gallo “castrato”, come si deduce anche dall’ètimo. Infatti esso deriva dal lat. parlato ipotetico “cappone”, classico “capone(m)”, collegato col gr. “kòptein”= “tagliare” (DISC)

gallòra, s.f.: “còccola di cipresso” (M. Catastini), ma è un termine in declino, essendo stato sostituito per lo più da quello di “bacca”, a sua volta peraltro “denominazione impropria” anche in riferimento alla “coccola del ginepro” e alla “drupa dell’alloro” (De Mauro). In valdelsa veniva indicata con questo termine anche il rigonfiamento della pelle, pieno di liquido, dopo una scottatura.

gallozzola, s.f.: “bolla d’aria in terra” (M. Catastini) a causa della pioggia

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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il giorno 6 novembre 2018 

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