di Giancarlo Carmignani
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mana, s.f.: “mano” (M. Catastini), con la “forma analogica”, al posto di “mani”, “le mane”, “usata dal Cellini” (Migliorini, cit. dal DELI), di cui possiamo trovare ancora qualche traccia nel contado. Tuttavia sono entrambe le parole senza alcun dubbio in declino, per quanto possano essere dette talora per scherzo.
Comunque “mana” si può spiegare molto probabilmente perché la desinenza –a era sentita come caratteristica femminile e si tenga presente che risale addirittura al Trecento (DEI).
Da noi è diffusa l’espressione, che sta a indicare un particolare coraggio: “Prende’ il coraggio a quattro mani”: le mani non sono forse due?
Una locuzione che è diffusa anche in livorn. è: “Esse’ alla mano”: essere disponibile
manata, s.f., ma la loc. “a manate” può significare in grande quantità, oltre che a bòtte
mancamentato, agg. o s.m.: disabile o meglio, come si dice oggi, diversamente abile, ma può essere detto anche di chi soffre di squilibri psichici
mandà’, v.tr.: mandare, derivato dal lat. “mandare” = “affidare”, a sua volta probabilmente dall’espress. “(in) man(um) dare”: “dare in mano” (DISC)
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