Il Toscanario

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di Giancarlo Carmignani

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mattugio, agg.tosc.: “di volatile, caratterizzato da dimensioni molto piccole”: De Mauro, secondo il quale deriva da “matto” col suff. tosc. “-ugio” dal valore diminutivo. Infatti viene detto della “passera mattugia”, appunto, dalle dimensioni proprio piccole

mècchera, s.f.: “merda” (M. Catastini), che non è certo un termine più raffinato per quanto derivi direttamente  dal latino “merda(m)” e perciò sia in questo termine una parola “dotta”. La prima voce è ormai in disuso, per quanto un soprannome nel passato ne sia probabilmente derivato a Fucecchio: Mècchere.

meccia, s.f.: “sterco bovino” espanso “a terra” (M. Catastini) e, se tale nome è seguto da un punto esclamativo, significa fiasco nel senso, detto con disappunto, di Ohi! è andata male! Il termine volgare meccia significa anche escremento umano, ma è certamente più volgare “merda”, nonostante abbia lo stesso significato.

mecco, s.m. volg.: escremento umano di forma piuttosto conica: la volgarità si commenta da sola anche sul piano linguistico pure perché il termine viene rivolto in modo offensivo, se non per scherzo di cattivo gusto, anche a un essere umano forse anche per il collegamento delle lettere con “micco” nel senso di “babbeo”, ma è stato in tempi più recenti sostituito dal termine volg. “stronzo” (in fucecchiese un tempo poteva essere detto anche “strónzolo”), che vorrebbe dire “escremento solido di forma cilindrica”. Però in senso figurato è passato a indicare (e ne comprendiamo bene il motivo) “spregevole” secondo il De Mauro.

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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il giorno 21 aprile 2020

 

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