di Giancarlo Carmignani
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gorà’, v. tr.: gorare, verbo scomparso, ma attestato a Fucecchio nel 1859 secondo M. Masani col significato di “disprezzare”
gorata, s.f.: “Traccia di una macchia che permane dopo la smacchiatura” come la gora, di cui il DISC dà la definizione sopra espressa, ma in questo caso il suff. “- ata” finisce per dare il senso di una maggiore estensione. Invece non figura nel nostro vernacolo “gorata” nel senso di “gugliata di filo” come nei dialetti lucchese, pisano e còrso secondo il DEI
górpe, s.f.: volpe, di cui costituisce una variante simpatica perché espressiva, anche grazie al rotacismo, né meraviglia lo scambio tra la v- e la g-, non proprio raro un tempo in Toscana. In senso traslato significa persona furba: la furberia è infatti considerata una caratteristica della volpe anche senza bisogno di riferirsi a Esòpo e a Fedro. L’idea dell’astuzia è ancora più accentuata se in fondo viene messo il suff. “ –one”: “gorpone”, che significa peraltro anche persona che imbroglia; del resto tale suff. originariamente può indicare anche abitudini “negative” d’una persona, come ha messo in evidenza il DISC, il quale giustamente, in riferimento a “gorpe”, ne parla come variante tosc. volg. con “velarizzazione del suono fricativo labiodentale sonoro /v/” davanti a vocale “velare”: considerazione che vale anche in riferimento al derivato nostrano “gorponi”: con l’andatura furbesca della volpe.
gòrro, s.m.: “nassa di vimini”, ma anche “rete fitta per piccoli pesci (proibita in Toscana nel 1632)”: DEI. Quanto al “gorro astracico” del Padule di Fucecchio, è stato definito “un enorme bertovello”, mentre le anguille erano caturate con le nasse.
Presentazione del 4/2/2015, https://www.montaione.net/il-toscanario/
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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il giorno 26 marzo 2019