di Giancarlo Carmignani
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culaia, s.f., usato nella diffusa espressione piuttosto volgare (anche se simpatica) derivando da “culo”, “Fa culaia”: il tempo cambia in peggio: si tratta di un modo di dire toscano (ne parlava anche P.Fanfani), che si spiega, secondo L. Bezzini, per il fatto che i nuvoloni che preannunciano la pioggia possono far venire in mente per la loro forma grosse natiche o, come dice lui “enormi glutei”
culaiòlo, s.m.volg.: fortunato, dall’accezione volg. di “culo” come fortuna
culatta, s.f.: “parte posteriore” del barchino del Padule di Fucecchio
culizione, s.f.. colazione, ma, per quanto sia stato registrato da M. Catastini, non l’ho mai sentito dire: anche per questo penso che sia un vocabolo scomparso
culo, s.m. volg. Modi di dire: “Avé’ ar culo”: avere al culo, cioè dispiacere, come nella frase “L’ho ar culo”: mi dispiace. “Essere culo e camicia”: essere molto simili, uniti, data la vicinanza dell’uno all’altra. “Rizzare ir culo”: “fare il permaloso” (R. Cardellicchio). Mentre “Avé’ culo” significa aver fortuna, nel secondo dopoguerra fra ragazzini veniva usata senza malizia l’espressione “Dammi culo”: per poter superare un ostacolo alto un ragazzo si appoggiava alzandosi sul sedere di un altro. Certi cibi posso portare alla stitichezza ed ecco allora il detto: “La gola impicca ir culo”, mentre un noto personaggio fucecchiese soleva dire: “Finché la bocca prende e il culo rende, vo in culo alle medicine e a chi le vende”: finché il corpo funziona regolarmente, non ho bisogno di medicine e perciò neanche di ricorrere al farmacista. Una caratteristica del culo ha suggerito una battuta simpatica, per quanto volgare, di fronte ad una grande oscurità: “C’è buio come in culo!”. Altre frasi volgari, ma queste diffuse ben oltre l’ambito meramente locale, sono: “Quello lì mi sta sur culo!”: costui mi sta sulle scatole, cioè mi dà molto fastidio, per costui provo una profonda avversione, nonché “Ha più culo che anima”: ha più fortuna che altro, anzi: ha una fortuna davvero sfacciata! Addirittura triviale è la frase, che secondo M. Masani veniva dedetta dai fucecchiesi in riferimento ad una cosa o a una insopportabile: “Se l’avessi in culo, lo scaricherei in Arno!”: se l’avessi nel sedere, lo scaricherei nell’Arno per farlo affogare. Più propria del pis. e del livorn. è l’espressione molto volgare: “Ma ti levi di ‘ulo?”: ma ti levi di torno?
Presentazione del 4/2/2015, https://www.montaione.net/il-toscanario/
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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il giorno 28 novembre 2017
Quant’anni tu hai pe’ unn’ave’ ma’ sentuto di’ culizione?! I’ ‘e lo sento di’ anco ora…