Domenica 3 gennaio scorso si è tenuta la cena con i migranti, organizzata dalla parrocchia con il sostegno dell’amministrazione comunale. Davvero nutrita la partecipazione da parte dei cittadini montaionesi presso il refettorio della scuola elementare. Tra di loro, il sindaco, alcuni assessori ed alcuni consiglieri del Comune, oltre al nostro parroco Don Luigi Campinoti e Don Andrea Cristiani in rappresentanza del gruppo Shalom.
C’è stato modo di assaggiare alcune specialità nigeriane e pakistane, oltre a quelle tipiche di casa nostra. Enrico Geri e Simone Bigazzi hanno intrattenuto i presenti con alcuni pezzi classici della musica italiana e non solo. Al termine, su invito anche del nostro parroco, i ragazzi nigeriani si sono esibiti in alcuni brani “freestyle rap”, eseguito su basi musicali, dispensando emozioni e bravura in quella che è loro lingua: un inglese semplificato e africanizzato (pidgin english).
A seguire, alcuni giovani pakistani hanno ballato in modo davvero scatenato e divertente alcuni pezzi “dance” del loro Stato di origine, tra foto, video e gridi di approvazione di tutti i presenti. E pensare che hanno conservato tutta questa allegria dopo aver impiegato un anno, o anche molto di più, a piedi dal Pakistan all’Italia. Può far riflettere.
Durante la serata un seminarista di origine cinese ha cantato l’Ave Maria in cinese, accompagnadosi con la chitarra.
In definitiva una serata particolarmente insolita quanto allegra per tutti i presenti che, malgrado le differenze linguistiche, hanno comunicato attraverso altre modalità, ovvero la musica e il cibo in un’atmosfera di accoglienza e rispetto gli uni degli altri.
L’importanza di esserci. Può essere banale. Può sembrare inutile agli occhi di alcuni che non c’erano. Crediamo, invece, si tratti di un’esperienza che significhi molto per chi viene da tanto lontano e da tante ostilità del loro paese ma incontrate anche durante un viaggio tortuoso.
La partecipazione di noi indigeni è stata, è vero, numerosa ma è anche vero sarebbe stata tanto più pertinente per chi tra noi conserva diffidenze verso chi arriva da un’altra civiltà, da un altro mondo, da altre usanze. Porre ancora ostacoli a questa gente sarebbe delittuoso, esigere da loro fattiva collaborazione verso una possibile integrazione nella società è del tutto ragionevole. Perchè accada questo, una serata come quella di domenica scorsa ha voluto dimostrare che possiamo incontrarci e condividere del tempo insieme, ha voluto significare anche incoraggiare al dialogo chi può sentirsi ai margini di questa società o, semplicemente, chi può soffrire la lontananza dai propri famigliari.
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