di Giancarlo Carmignani
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calòcchia, s.f.: palo da viti (Malagoli), ma anche “canna”
calore, s.m. che viene usato anche al plurale in una frase come: “Gaó che calori!”: guarda che caldo! in riferimento a chi, da come veste, mostra di avere molto caldo anche se non lo è
calsa, s.f.: calza per errata scrittura (Malagoli) e pronuncia, ma a Fucecchio è diffusa anche la pronunzia “carza”, per cui non meraviglia certo sentir dire “carzature” al posto di calzature
Càmbera, s.f.: camera; secondo il Rohlfs sarebbe una voce pistoiese (ma l’ho sentita usare anche a Fucecchio) da ricondurre a “cammera” (viene infatti in mente il “cammerarius” dello Statuto del Comune di Fucecchio del 1307-1308); sarebbe quindi da considerare una “reazione ipercorretta il passaggio di mm a mb”, ma è un’ipotesi che non mi convince. È vero che viene in mente anche il francese “chambre” = “camera”, ma si tratta di una voce rimasta solo alla parte “più incolta del popolo” e ormai usata caso mai solo in qualche angolo più remoto della campagna almeno da noi. Anche in livornese si poteva sentir dire “cambera”, dove si sarebbe verificata un’epentesi secondo V.Marchi
cambià’, v.tr.: cambiare. Modo di dire: “Cambià’ da così a cosà”: cambiare del tutto
cambiazione, s.f.: “cambiamento del tempo” (M. Catastini), ma è una parola giustamente venuta meno probabilmente perché suona male e perché è strettamente collegata con l’idea di “mutamento”; infatti significa proprio questo il termine “cambiamento” nel Boccaccio, in cui risulta attestata per la prima volta nella letteratura italiana questo termine (DELI)
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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il 27 settembre 2016