di Giancarlo Carmignani
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crocchente, agg.: ancora più intenso di croccante, con quella assimilazione alla –e seguente, chiaramente espressivo in riferimento ad un cibo, ma un dolce caratteristico di tante fiere paesane anche da noi è il croccante, fatto molto (e ancora di più brigidini) nella vicina Lamporecchio
crocione, s.m. accresc. di “croce” (DISC), pur cambiando genere, usato nella frase: “È meglio facci il crocione”, cioè promettere “solennemente di non fare un’altra volta una determinata cosa o di non ripetere lo stesso errore” (R. Cantagalli): solennemente, appunto, come facendoci il segno della croce (addirittura ricorrendo all’accrescitivo) sopra. Comunque “farci il crocione” significa anche non andarci più in un posto per una delusione subìta
crostino, s.m.: individuo difficile a trattarsi. Infatti la crosta (di cui tale termine è chiaramente un diminutivo almeno originariamente) è lo “strato esterno indurito di un corpo” (DEI). Talora può essere detto con la g- iniziale come nella frase: “Se’ proprio un ber grostino!”: sei davvero troppo stucco! con quel significato di “testardo” che può avere anche nel vernacolo pisano (B. Gianetti)
cruccia, s.f.: gruccia, di cui è una lieve storpiatura del resto venuta meno
cuccà’, v.tr.: cuccare nel senso di prendere, sorprendere (anche nel linguaggio studentesco) anche a fare e dire una cosa non onorevole, come pure una fesseria. Si pensi, per es., alla frase: “Ti c’ho cuccato, eh?”: ti ci ho (sor)preso a far questo o a dire questa fesseria, eh? Significa insomma “prendere in castagna”, cioè cogliere in errore (DISC) una persona oppure sorprendere una persona a fare una cosa in cui non avrebbe voluto essere colta
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Il prossimo appuntamento con questa rubrica è previsto per il giorno 14 novembre 2017